C’è molta attesa per la telefonata che domani (martedì) Donald Trump farà a Vladimir Putin. In ballo c’è la pace nella martoriata Ucraina che ha alcuni scogli da superare: tregua di 30 giorni proposta dagli Usa, le concessioni territoriali, il Kursk, le garanzie di sicurezza per l’Ucraina.
Un tregua di un mese è il primo obiettivo della Casa Bianca per aprire la strada ad un negoziato complessivo. Zelensky è d’accordo sulla tregua, anche perché ciò permetterebbe all’esercito e ai civili di rifiatare, ma manca ancora il sì di Putin, il quale ha posto una serie di condizioni: chi monitora il cessate il fuoco, su quale linea, e dove dovrebbero sistemarsi le rispettive truppe.
Il Cremlino chiede che gli ucraini si arrendano, rinunciando a combattere. Le forze armate russe hanno ripreso il controllo di gran parte della regione di confine, invasa dagli ucraini lo scorso agosto, ma Mosca vuole assicurarsi che questo territorio non possa essere utilizzato da Kiev come merce di scambio
Il Cremlino ha posto le sue linee rosse: i quattro oblast dell’Ucraina conquistati militarmente (Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia), e poi annessi dopo un referendum-farsa, sono parte integrante della Federazione russa. Così come la Crimea. Su queste terre Zelensky continua a mantenere la sua linea: “Non riconosciamo i territori ucraini occupati come russi in ogni caso”. È il tema più delicato per il leader ucraino, da risolvere dopo un negoziato “complesso”: a Kiev c’è ormai la consapevolezza che comunque vada si dovranno accettare importanti concessioni. Trump, dal canto suo, ha detto che con Putin discuterà della “divisione di alcuni asset” tra le parti, dalla “terra” alle “centrali elettriche”.
