Anche a Siracusa i magistrati scioperano contro la riforma costituzionale della giustizia. Giovedì prossimo, nell’atrio del palazzo di giustizia di viale Santa Panagia. Il primo appuntamento è stato fissato per le 11 con un incontro che i magistrati terranno con la cittadinanza per spiegare i motivi del dissenso rispetto al disegno di legge costituzionale con cui si prevede la modifica dell’attuale assetto della magistratura ordinaria. Si replica alle 15 sempre al palazzo di giustizia.
“Lo sciopero è stato deliberato in maniera unitaria dall’associazione nazionale magistrati – ha spiegato il presidente della sottosezione dell’Anm di Siracusa, Marco Dragonetti – se guardiamo alle manifestazioni in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, nella quale abbiamo registrato un’ottima partecipazione, riteniamo che altrettanto si possa fare per l’astensione”.
-Che cosa risponde a coloro che sostengono che stiate difendendo non solo le vostre ragioni ma anche i privilegi della categoria?
“Noi spieghiamo le ragioni del nostro sciopero e del perché, a nostro parere, sia una riforma dannosa più per i cittadini che hanno a che fare con la giustizia che per chi vi opera all’interno. Nessuna difesa corporativa perché non c’è alcuna corporazione da difendere. Cambia in peggio lo statuto costituzionale della magistratura. E’ una riforma della magistratura, non della giustizia”.
-Ha la percezione che vi siano toghe anti Meloni?
“Questa è un altra brutta espressione. Se si fosse davvero franchi nell’analizzare ciò che sta accadendo, emergerebbe che non c’è alcuno scontro fra governo e magistratura. Qui si discute su un disegno di legge costituzionale che riteniamo dannoso ma senza alcun pregiudizio su chi la stia proponendo. Come cittadini ed operatori abbiamo il diritto di esprimere le nostre perplessità”.
-Il Procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, dice che la separazione delle carriere dei magistrati sia un falso problema. E’ così?
“E’ vero – dice Dragonetti – che sia un falso problema perché il cambio di funzione oggi è prossimo allo zero per cento. Le regole sui trasferimenti impongono già oggi a chi voglia cambiare funzione da requirente a giudicante e viceversa, di recarsi in altro distretto oltre che essere sottoposti a un corso di aggiornamento professionale e si può cambiare una sola volta. E’ curioso che si professi dappertutto l’importanza dello scambio di conoscenze ed esperienze mentre solo per la magistratura si favorisca l’incancrenirsi in una sola funzione. Credo che, esprimendo un sentimento diffuso, sarebbe stato molto più utile per il servizio giustizia rimanere a quando si poteva cambiare funzione con più fluidità perché è importante ed utile per il giudice conoscere ciò che fa il pubblico ministero per comprendere come si arrivi ad un processo e, viceversa, per il pubblico ministero svolgere, la funzione di giudice per capire come fare le indagini più complete possibili”.
-A suo giudizio, c’è il rischio che il pubblico ministero dipenda dall’esecutivo?
“E’ vero che nella proposta di riforma costituzionale non c’è scritto da alcuna parte che il pubblico ministero sia assoggettato all’esecutivo. Il tema è che tipo di magistratura del pubblico ministero si voglia creare. Con il disegno di legge costituzionale si delinea una magistratura requirente che, staccata da quella giudicante, va a formare un corpo autoreferenziale che dispone della polizia giudiziaria e che valuterà il proprio operato solo riferendosi a indagini rapidi ed efficienti con buona pace per l’esito processuale della propria attività. Tutto questo in un ufficio di Procura che già soffre di una certa impostazione gerarchica. Si creerebbero, dunque, due magistrature che non si parlano tra loro. La riformas costituzionale delinea un’autorità requirente, così ingombrante ed autoreferenziale, che dovrà necessariamente essere ricondotta in un contesto costituzionale di riequilibrio dei poteri; da qui il concreto rischio di assoggettamento all’esecutivo”.
-L’ex pm di Mani Pulite, Antonio Di Pietro, è favorevole alla separazione delle carriere, che ne pensa?
“Di Pietro parte da un presupposto sbagliato anche se suggestivo dal punto di vista comunicativo – continua Dragonetti – nel processo penale non ci sono squadre, casacche e arbitri. La parità processuale è sancita dalla Costituzione. Le prove prodotte dal pubblico ministero hanno la stessa dignità di quelle dell’avvocato con la differenza che il magistrato requirente non tutela alcun interesse particolare. Con le sentenze i pubblici ministeri non vincono e nemmeno perdono i processi. I pm valutano le prove e propongono al giudice un esito assolutorio o di condanna. L’accoglimento da parte del giudice significa che la valutazione proposta viene poi confermata”.
-Si potrebbe obiettare che i giudici sarebbero portati inconsciamente a dare ragione ai loro colleghi magistrati.
“Il disegno di legge parte dal presupposto che il giudice sia portato a condividere le posizioni del requirente perché entrambi appartengono allo stesso ordine ma questa cosa non è vera. Si tratta di una tesi smentita dalle alte percentuali di assoluzioni. Il giudice, nelle sue valutazioni, non è minimamente suggestionato dal fatto che l’ipotesi accusatoria provenga da un suo collega ma valuta rispetto alle prove acquisite. Un giudice suggestionabile lo sarà anche a funzioni separate. Se si vuole evitare che la decisione venga influenzata dal rapporto di colleganza professionale, perché non separare il giudice di primo grado dal giudice d’appello, il Gip dal tribunale del riesame e dal dibattimento? Dobbiamo dire a gran voce che le sentenze sono sorrette da motivazioni e non da pregiudizi e che il pubblico ministero non è per nulla quello descritto in alcune occasioni dal ministro Nordio cioè come un magistrato dedito a duplicare fascicoli e indagare eternamente sulle persone. Sfatiamo anche il mito del pm che non faccia indagini a favore dell’indagato perché non esiste ad oggi alcun pubblico ministero che sollecitato al compimento di indagini da parte dell’indagato, si disinteressi dal farlo”.
-Il sorteggio per la composizione del consiglio superiore della magistratura, eliminerà le logiche di corrente?
“Le dinamiche del correntismo – dice il presidente della sottosezione Anm – sono emerse per un’indagine della stessa magistratura. Se sei stato un magistrato influenzabile prima, lo sarai anche da sorteggiato. Con l’aggravante che, con il sorteggio sei più solo ed esposto a qualsiasi tipo d’influenza oltre che privo di una legittimazione elettorale. Peraltro, le correnti non si possono abolire perché sono delle associazioni. E poi, possiamo davvero pensare che un organo costituzionale possa essere formato da sorteggiati?”.
-La riforma prevede anche che passi all’Alta Corte il potere disciplinare del Csm. Perché non va bene?
“La magistratura ordinaria sarebbe l’unica categoria che verrebbe sottoposta al giudizio disciplinare da parte dell’Alta Corte non avendo la possibilità d’impugnare le decisioni davanti a un soggetto diverso. La finalità del legislatore è quella di togliere il potere disciplinare al Csm ritenendo che questa funzione disciplinare esercitata in maniera blanda o troppo morbida e questa, dati alla mano, è una cosa falsa”
-Cosa serve, quindi, per migliorare il sistema giustizia?
“Questa riforma costituzionale non migliora il sistema giustizia – conclude Dragonetti – perché non ha altro effetto quello che incidere sulle garanzie nell’attività del magistrato e quindi su quelle del cittadino. Le vere esigenze della giustizia appartengono a un ‘pianeta’ diverso da quello della riforma costituzionale”.
Francesco Nania