Caso Almasri, il ministro Piantedosi: “Rilasciato per ragioni di sicurezza”

Il caso Almasri, con la sua espulsione dal territorio italiano dopo essere stato scarcerato, tiene banco nell’agenda politica italiana. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi ha riferito oggi in Parlamento in occasione del question time. “E’ stato rilasciato per ragioni di urgenza e sicurezza, vista la pericolosità del soggetto“, ha detto il ministro dopo la vicenda del capo della polizia giudiziaria libica, ricercato per crimini di guerra e contro l’umanità, arrestato domenica scorsa a Torino, liberato ieri e rimpatriato in Libia con un volo di Stato italiano.

“Najeem Osema Almasri – ha continuato Piantedosi in Senato – era stato temporaneamente associato alla locale casa circondariale ‘Lorusso e Cotugno’ e, quindi, messo a disposizione dell’Autorità Giudiziaria competente, ossia la Corte d’Appello di Roma e la citata Procura Generale presso la stessa Corte d’Appello. Il 21 gennaio, la Corte d’Appello di Roma, nell’ambito delle prerogative di vaglio dei provvedimenti di limitazione della libertà personale, ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’arresto del cittadino libico, valutato come irrituale in quanto non previsto dalla legge, disponendone l’immediata scarcerazione se non detenuto per altra causa. L’uomo è stato dunque rilasciato nella serata dello stesso giorno per poi essere rimpatriato a Tripoli, per ragioni di urgenza e sicurezza, vista la pericolosità del soggetto”. 

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio ha precisato, invece, che “l’espulsione che la legge  attribuisce al ministro dell’Interno è stata individuata come misura  in quel momento più appropriata, anche per la durata del divieto di  reingresso, a salvaguardare la sicurezza dello Stato e la tutela  dell’ordine pubblico che il Governo pone sempre al centro della sua  azione unitamente a ogni profilo di tutela dell’interesse nazionale”.

Almasri è il nome di battaglia del capo della polizia giudiziaria libica e significa “l’egiziano”. Il suo vero nome potrebbe essere Osama al-Najeem e viene definito “il torturatore di Mitiga” su cui pende un mandato di arresto internazionale perché accusato di crimini contro l’umanità e crimini di guerra dalla Corte penale internazionale è ritenuto responsabile di aver coordinato, ordinato e eseguito omicidi, violenze sessuali e torture nelle strutture carcerarie di Tripoli. I fatti a lui contestati sono stati presumibilmente commessi in Libia a partire dal 2015.

By Redazione

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