La Coldiretti prova a fare il punto della situazione dopo l’annuncio di Trump di volere adottare il dazio al 20% su tutti i prodotti agroalimentari Made in Italy. Ciò porterà a un rincaro da 1,6 miliardi per i consumatori americani, con un calo delle vendite che danneggerà le imprese italiane, oltre ad incrementare il fenomeno dell’italian sounding, con la diffusione di prodotti ‘taroccati’.
I dazi Usa al 20% potrebbero avere un impatto significativo sul fatturato delle imprese italiane: secondo quanto afferma Unimpresa in una nota, si può stimare una perdita tra 1,4 e 3 miliardi di euro, con danni soprattutto per i subfornitori, che potrebbero arrivare fino a 2,5 miliardi a causa della loro dipendenza dalla filiera europea. Secondo il centro studi di Unimpresa, i produttori di veicoli finiti, come Stellantis, vedranno un calo del fatturato tra 61 e 200 milioni di euro, legato all’export verso gli Usa (406 milioni annui), con margini ridotti o domanda in flessione del 15-20%. I sistemisti e modulisti (come Marelli e Bosch Italia) perderanno tra 100 e 225 milioni, mentre i subfornitori, spina dorsale della filiera con 25 miliardi di fatturato, subiranno il colpo più duro: una contrazione tra 1,2 e 2,5 miliardi, dovuta alla dipendenza dall’export europeo, soprattutto tedesco. Gli specialisti (motorsport e aftermarket, come Brembo) limiteranno i danni a 25-70 milioni.
Secondo Unimpresa con 270 mila occupati nel settore, l’Italia potrebbe perdere fino al 5,7% dei posti di lavoro. I subfornitori, con 130 mila addetti, rischiano tra 7 mila e 10 mila tagli, concentrati in Piemonte e Lombardia. Stellantis potrebbe ridurre mille o 2 mila posti negli stabilimenti di Melfi e Pomigliano, mentre sistemisti e modulisti contano 1.500-3 mila esuberi. Minore l’impatto sugli specialisti, con 200-500 posizioni a rischio. Il settore automotive italiano è composto da diverse categorie di imprese: produttori di veicoli finiti (Stellantis), sistemisti e modulisti (che forniscono sistemi complessi), subfornitori (componentistica di base e lavorazioni) e specialisti (come motorsport e aftermarket).
Anche Federvini esprime profondo rammarico e forte preoccupazione per “una scelta che rappresenta un grave passo indietro nei princìpi di libero scambio internazionale e che danneggerà pesantemente l’interscambio transatlantico. Il solo comparto di vini, spiriti e aceti italiani vale oltre 2 miliardi di euro di esportazioni verso gli Stati Uniti e coinvolge 40mila imprese e più di 450mila lavoratori lungo l’intera filiera. La misura avrà impatti rilevanti anche su consumatori e operatori oltreoceano: sono migliaia gli addetti delle società Usa coinvolti nell’importazione e distribuzione di questi prodotti, e l’aumento dei prezzi non sarà limitato ai dazi imposti, ma si estenderà a tutta la catena commerciale”, evidenzia Federvini. Gli esperti del settore sostengono che ora il rischio è quello di rivivere quel trauma economico, con ripercussioni pesantissime su tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione, fino al consumatore finale.